L’ecosistema degli incubatori italiani si è consolidato anche in termini di dipendenti e di fatturato: i 197 incubatori italiani, infatti, danno occupazione a circa 1100 dipendenti e il totale del fatturato è di circa 390 milioni di euro.
Ma, rispetto agli altri grandi paesi europei, l’Italia è quella con il numero minore di incubatori. La Francia ne conta 284, il Regno Unito 274, la Germania 247, la Spagna (quella a noi più vicina) 215.
I dati provengono dal terzo report sull’impatto degli incubatori e acceleratori italiani, presentato al Politecnico di Torino. Uno studio che ha realizzato una mappatura aggiornata a livello nazionale delle attività di incubazione e di accelerazione di startup, evidenziando modelli di business, peculiarità, servizi offerti e le differenze tra le diverse tipologie di incubatori/acceleratori.
L’analisi è stata sviluppata dal team di ricerca Social Innovation Monitor (SIM) in collaborazione con Italia Startup e PNI Cube e il supporto di Banca Etica, Compagnia di San Paolo, Experientia, Impact Hub Milano, Incubatore Imprese Innovative Politecnico Torino (I3P), Instilla, IREN, Make a Cube3, SocialFare e Social Innovation Teams.
L’analisi mostra una crescita continua del fenomeno di incubazione e accelerazione in linea con gli ultimi anni, nonostante la previsione di un possibile rallentamento, ed è da notare che la crescita più significativa è stata registrata nelle regioni del Sud Italia. Infatti, come visto, non si è arrestata la nascita di nuovi incubatori e acceleratori; inoltre, molti di quelli già attivi si sono consolidati in termini di fatturato e numero di imprese incubate.
Insieme al numero degli incubatori cresce anche il numero delle startup incubate in Italia, le quali sono passate da circa 2400 a circa 2800 (incremento del 15% rispetto all’anno precedente). Più del 70% delle startup incubate si trova nell’Italia settentrionale ma il dato di crescita maggiore, come per gli incubatori, si registra al Sud.
Rimangono stabili i dati sulla natura operativa delle startup incubate:
- il settore principale (40,4%) è rappresentato dalle startup che operano in servizi di informazione e comunicazione;
- il secondo settore più rappresentato rimane quello legato ad attività professionali, scientifiche e tecniche, con il 27,2%;
- il terzo settore è il manifatturiero con il 19,4%.
Dal punto di vista degli incubatori, più della metà di questi (il 51,9%) hanno supportato organizzazioni che hanno un impatto sociale. Analizzando i settori di appartenenza i “social incubator” hanno fatto registrare un aumento del numero di realtà che operano nel settore legato alla protezione dell’ambiente (da 28 a 72 rispetto ai 12 mesi precedenti), mentre rimangono ben rappresentati i settori Salute & Benessere (38 realtà) e Cultura, arti e artigianato (31 realtà).
La natura giuridica degli incubatori è prevalentemente di natura privata (62,4%) mentre gli incubatori con natura pubblica, cioè gestiti esclusivamente da amministrazioni o enti pubblici (spesso tramite la creazione di società “in-house”) rappresentano il 15,2%. Il restante 22,4% ha una natura ibrida.
Tra tutti gli incubatori 18 sono “incubatori corporate”, cioè legati a imprese di grandi dimensioni e 27 sono incubatori universitari.
Per quanto riguarda i finanziamenti, rispetto all’anno precedente la media dei finanziamenti ricevuti dalle organizzazioni incubate è passato da 1,18 milioni di euro a 3,30 milioni di euro, con una crescita del 179%. Da considerare anche il dato che mostra che il 27% degli incubatori italiani detiene quote societarie nelle organizzazioni incubate.
Il fatturato merita un’osservazione a parte. Il fatturato totale degli incubatori italiani ha raggiunto nel 2018 la cifra di 391 milioni di euro, in crescita del 52% rispetto all’anno precedente. Ciò potrebbe far pensare che la media di fatturato per singolo incubatore si aggiri intorno ai 2 milioni di euro, ma lo studio mostra che questa crescita è trainata principalmente da un numero ridotto di incubatori di grandi dimensioni. La mediana (il valore che si trova esattamente a metà strada tra il primo e l’ultimo incubatore per fatturato), infatti, è di 350 mila euro. Dati che mostrano come persista la grande differenza di risorse tra i vari incubatori.
In sostanza gli acceleratori e incubatori italiani svolgono un ruolo cruciale di scouting, di accelerazione e di accompagnamento delle giovani imprese innovative, soprattutto nella loro fase di avvio. In più, affianco al supporto operativo, offrirono una serie di servizi di accompagnamento manageriale, di supporto nello sviluppo di relazioni e di networking, oltre al supporto nella ricerca di finanziamenti.
L’auspicio è che i vari strumenti messi a disposizione, tra cui il nuovo Fondo Nazionale Innovazione, prestino particolare attenzione verso questa tipologia di attori che sono diffusi capillarmente sul territorio e che si concentrano nella delicata fase di sviluppo iniziale delle startup italiane e che, per questi motivi, sono di fondamentale importanza per l’ecosistema delle nuove imprese italiane.